Se il cibo è un piacere per molti, per alcuni può diventare una trappola perversa o addirittura un rifugio dalle proprie insicurezze. La bulimia nervosa ne è un valido esempio.
La bulimia è un disturbo caratterizzato dalla ingestione di grosse quantità di cibo in un lasso di tempo limitato. Tali abbuffate solitamente avvengono in segreto per la vergogna di mostrare agli altri le proprie abitudini alimentari, possono essere più o meno programmate e a volte il cibo viene consumato con estrema rapidità e con la sensazione di totale perdita di controllo.
Spesso i cibi scelti sono quelli più proibitivi (ipercalorici), in altri casi la persona mangia qualunque cosa sia commestibile che è a portata di mano. Dopo l’abbuffata la persona si sente piena da star male e ha un umore profondamente a terra. La conseguente e reale paura di ingrassare spesso conduce all’utilizzo di condotte compensatorie quali il vomito autoindotto, il digiuno nei giorni successivi, l’ esercizio fisico eccessivo e l’uso di diuretici e lassativi. Ognuna di queste soluzioni compensatorie tentate può creare la base per lo sviluppo di problematiche a se stanti quali Vomiting, Binge Eating e Yo-yo.
Ma qual è il meccanismo che mantiene in vita tale problematica? Più la persona cerca dal controllare il proprio desiderio di mangiare più perde il controllo e finisce cadendo nella trappola dell’abbuffata. In pratica più si sforza di non mangiare più il desiderio di abbuffarsi aumenta fino a divenire una compulsione irrefrenabile.
In alcuni casi l’abbuffata ha un aspetto sedativo: il cibo compensa la mancanza di altri piaceri e protegge la persona dalle sue paure e insicurezze divenendo come un farmaco che placa momentaneamente il dolore. In questi come in molti casi di disturbi alimentari Il cibo può diventare un rifugio in cui nascondersi per non affrontare altre difficoltà vissute come insormontabili e il grasso come elemento protettivo da ciò che fa paura. Ed è così che il disturbo diventa una trappola perversa: abbiamo il desiderio incontrollabile del cibo che ci fa sentire sempre meno sicuri che è alimentato proprio dal nostro desiderio di sentirci sicuri.
Il principio dell’intervento breve strategico è smontare il circolo vizioso del controllo che fa perdere il controllo insegnando alla persona a concedersi il cibo in maniera tale da sapervi anche rinunciare. Inoltre, essendo il cibo un rifugio dal proprio senso di inadeguatezza relazionale si lavora contemporaneamente anche nel costruire autostima e competenze relazionali non acquisite per evitare di cadere in una prigione che ci illude e poi ci delude.
Riferimenti
Nardone G. et al. (1999): le prigioni del cibo. Vomiting, anoressia, bulimia. La terapia in tempi brevi.